Le spugne sono animali appartenenti al gruppo dei Poriferi (Phylum Porifera) nome che deriva dal latino
porus e ferre e che significa “portatori di pori”. Sono metazoi cioè animali pluricellulari
ma con una organizzazione corporea piuttosto semplice infatti non possiedono dei veri tessuti ma piuttosto
singole cellule specializzate nello svolgimento di determinate funzioni come ad esempio la costruzione
degli elementi dello scheletro, la nutrizione e la riproduzione.
Ecologicamente le spugne sono tipicamente bentoniche (cioè vivono fissate sul fondale),
quasi esclusivamente marine (esistono pochissime specie di acqua dolce) e sospensivore
ovvero si nutrono filtrando l’acqua e trattenendo l’alimento costituito principalmente da microalghe,
batteri e protozoi trasportati al loro interno da un’intricatissima rete di canali.
Essendo prevalentemente asimmetriche, la loro forma corporea è estremamente varia, infatti possono
essere incrostanti cioè spugne dal ridotto spessore ma dall’ampia superficie, tubulari simili a tubi cavi
oppure a cuscino o a vaso. Anche le loro colorazioni e dimensioni sono molto variabili con colori
anche sgargianti (giallo, blu, viola, arancione, rosso…) e misure che vanno da pochi millimetri ad anche
un paio di metri di lunghezza. Ad oggi ne sono state descritte circa 9000 specie.
Il Phylum dei poriferi è suddiviso in tre classi distinte in base alle caratteristiche degli elementi che costituiscono il loro scheletro. Troviamo la classe Calcarea le cui specie hanno lo scheletro formato da carbonato di calcio (CaCO3), la classe Hexactinellida con spugne a scheletro siliceo (biossido di silicio SiO2) e la classe Demospongiae costituita da spugne il cui scheletro è prevalentemente formato da un intreccio di collagene organico, organizzato in una struttura di derivazione proteica detta spongina.
Sono proprio le peculiarità dello scheletro di queste ultime spugne (Demospongiae) a costituire quelle
di interesse commerciale, utilizzate fin dai tempi antichi quali prodotti per l’igiene e la cura della persona.
La più conosciuta ed apprezzata spugna utilizzata per la cura della persona è la spugna mediterranea
Spongia officinalis (Linneo, 1759), specie il cui utilizzo è documentato già dal IV secolo A.C.
Nell’uso quotidiano, la spugna naturale utilizzata come spugna da bagno va pulita al termine di ogni attività d’impiego, sotto l’acqua corrente non troppo calda (mai con temperature superiori ai 50°C), per evitare che residui di sapone o detergente ne corrodano il tessuto rendendolo viscido e debole. La spugna va lasciata asciugare dopo averla strizzata con cura, così da non generare la maturazione di muffe e preservarne la lunga durata. È preferibile lasciarla asciugare in luogo aerato, accorgimento che ne preserva anche una più lunga durata.
Per eliminare il senso di viscosità che può insorgere quando la spugna non è stata sempre ben pulita
o per ravvivarne il colore, versate un cucchiaio di bicarbonato di sodio in un recipiente d’acqua calda
di dimensioni leggermente superiori a quelli della spugna. Immergete la spugna e strizzatela per un
paio di volte, poi lasciatela nel recipiente per 15 minuti circa.
Finito il tempo di ammollo, risciacquate bene la spugna e lasciatela asciugare in modo naturale.
Se la vostra preoccupazione è di renderla sterile dopo un suo particolare utilizzo, la spugna può essere immersa in acqua con un cucchiaio di disinfettante antibatterico disponibile in commercio, per un’ora circa.
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